Perché hai un margine del 95,6% che non stai sfruttando!

faro nella tempestaTra il dire e il fare … l’adagio lo conosci bene! Ma cosa ti ha portata/o a disilluderti a tal punto da non proporre al 95,6% delle tue clienti un altro servizio colore, lo stesso giorno della copertura dei capelli bianchi?

Se anche tu, come molti tuoi colleghi quando colori le chiome delle tue clienti pensi una o tutte queste cose:

  • per colorare le lunghezze e punte basta pettinare il colore avanzato (o preparato apposta in più) utilizzato per la copertura dei capelli bianchi
  • per colorare le lunghezze e punte basta pettinare il colore utilizzato per la ricrescita magari allungandolo un po’ con acqua
  • per colorare lunghezze e punte basta applicare un colore a 10 volumi

e se contemporaneamente pensi:

  • che l’applicazione del riflessante, o il tono su tono, comunque modifica il colore naturale di base della tua cliente
  • che l’applicazione del riflessante, o il tono su tono, comunque è la soluzione meno-peggio
  • che l’applicazione del riflessante, o il tono su tono, ti costa di più e le tue clienti non sono disposte a spendere di più

allora anche tu stai ancora attraversando quel mare che c’è tra il dire e il fare e non hai ancora trovato approdo.

Inoltre questo continuo navigare ti espone al rischio di naufragare tra le continue tempeste che ogni giorno il mercato prospetta all’orizzonte.

Il dato 2014 del “Centro Studi Cosmetica italiana” dice che i riflessanti incidono nel tuo attuale mercato per il 4,4% del tuo fatturato!

Prima che tu te la prenda con il tuo computer, ti ricordo che nessuno ti obbliga a leggere questo articolo, e non voglio essere frainteso. Non sto sputando sul piatto dove mangio tutti i giorni, sia chiaro, sto solo facendo una considerazione oggettiva sul mondo colore che ti riguarda e del perché in molti saloni il listino colore è composto di 3 massimo 4 voci.

Ti voglio raccontare la storia di una mia cliente che è molto affine a quello che capita a me ogni giorno quando mi confronto con il parrucchiere disilluso, naufrago in un mare senza fari “colore” che si distinguano all’orizzonte in un mercato generalista e indifferenziato.

Chiamerò questa cliente Anna, nome di fantasia, che da quando era bambina ha sempre voluto fare la parrucchiera, pettinava in maniera stravagante le bambole, faceva le treccine alle sue amiche a scuola, fino a che un giorno si è accorta che le i a scuola non ci voleva andare.

Non perché non volesse studiare, ma la voglia di mettere le mani tra i capelli delle amiche e qualche pomeriggio passato dall’amica della zia, la parrucchiera del paese, le aveva fatto sentire che quello era quella che avrebbe fatto da grande.

Dopo qualche scontro/confronto con il papà che aveva altri progetti più ambiziosi per la sua Anna, appoggiata a malincuore dalla mamma, cominciò l’avventura a 14 anni, finita la scuola dell’obbligo, come apprendista in diversi saloni quando un giorno capitò in un salone lontano dal suo paese.

Tutti  i giorni prendeva la corriera per arrivare in orario, il suo titolare era un tipo simpatico e rampante in un mercato metà anni ‘80 dove bastava tanta grinta e passione per replicare con un elevato margine di successo il salone del titolare di provenienza.

Anche lui aveva fatto quel percorso, No scuola, apprendista non pagato, sottopagato era già un lusso, puliva il pulito e guai a girarsi i pollici, aveva rubato il mestiere sempre con gli occhi più che aver ricevuto un insegnamento diretto. Per imparare a tagliare aveva pagato di tasca sua un corso a Londra che valeva 4 stipendi di allora.

Questa esperienza e il suo particolare carattere lo avevano reso più “morbido” del titolare di provenienza e con Anna si comportò diversamente, percepì la sua passione e le diede tanto, pur facendole spezzare la schiena per 10 ore al giorno. La faceva anche andare a studiare, a fare i corsi colore vicino al Lago di Garda presso la sede dell’azienda che lui utilizzava in salone per colorare.

Anna era sbalordita, all’epoca tutti i parrucchieri lavoravano allo stesso modo dal punto di vista tecnico e si distinguevano più che altro per il loro carattere ed estrosità:

  • tutti utilizzavano tubi di colore mentre lui per il colore aveva un sistema totalmente differente
  • tutti i parrucchieri avevano una tipologia di colore per coprire i capelli bianchi, sì! cambiava la marca è vero, ma utilizzavano tutti un unico colore per fare i loro servizi
  • tutti proponevano tecniche diverse per colorare i capelli, usavano la cuffia per fare le meches, lui inoltre proponeva di usare due colorazioni differenti tra loro all’interno di quelle tecniche

Quando Anna aprì il suo salone, nel suo paese, decise di essere differente da tutti gli altri saloni, il mercato era anche cambiato:  giravano molti soldi e benessere questo è vero ma c’era però più concorrenza di prima e lei voleva distinguersi, farsi notare.

Si portò con sé oltre all’esperienza positiva ed un amico anche quello strano “sistema colore”.

Una mattina, a salone oramai avviato, aspettava il rappresentante di quel “sistema colore” ma lui non si presentò. In quel momento sorsero parecchi problemi:

  • l’azienda lavorava solo con i parrucchieri e non poteva trovarla da grossisti o nei supermercati
  • l’alta tecnologia imponeva aggiornamenti continui e costanti
  • non essendoci riferimenti in zona, bisognava cambiare azienda …

Alla fine il colore è colore starai pensando! E invece è proprio qui che Anna ha scoperto la verità nascosta da molti fornitori di colore ai parrucchieri, il limite tecnologico o di ricerca che viene camuffato in mille modi (corsi marketing, corsi motivazionali, certificazioni anti-tutto, certificazioni di qualità, la bestemmia del bio, del naturale  – i più onesti nel mercato ne indicano almeno la percentuale -.

A scuola le avevano detto che l’alcalinità serviva per aprire le squame della cuticola e l’acidità per richiuderle, questo faceva il suo ex titolare con il solo colore e lei nel suo nuovo salone differentemente da tutti i concorrenti di zona.

Le medie lunghezze e punte delle sue clienti non erano più le stesse da quando ai corsi i nuovi fornitori le dicevano di pettinarci il colore sopra, e anche il tono su tono era una tinta alcalina, a bassi volumi ma alcalina:

  • muoveva, per quanto poco, la base naturale delle clienti
  • riusciva a fare dei servizi di copertura leggera quindi aprendo le squame dei capelli
  • ma il problema più grande era la doppia e a volte tripla cartella colore con una ciocca di un tipo di colore per la copertura e un’altra più chiara o più scura per le lunghezze (e non esisteva ancora lo chatouche – sciatuss)
  • inoltre le lunghezze e punte delle clienti scaricavano prima il colore
  • le clienti con i capelli lunghi iniziavano ad avere problematiche nel gestirle
  • cosa peggiore le clienti cominciavano a non essere più soddisfatte e fedeli come prima

Anna fu costretta a confrontarsi più e più volte con eminenze del settore che le spiegavano come colorare i capelli senza una tecnologia che le permettesse di colorare e trattare contemporaneamente lunghezze e punte, tecnologia ritenuta impossibile dalle “autorita’” del settore.

Anna fu costretta a sviluppare in modo approfondito tutto il reparto trattante, era l’unica via d’uscita in quel momento, il mercato gestito prevalentemente da chi faceva i veri affari altrove non offriva soluzioni concrete – tranne le tecniche colore – alla categoria per differenziarla, nemmeno dal supermercato.

Poi l’incubo è finito, quell’azienda si è riproposta con una nuova e più forte struttura. Anna l’ha riportata nel suo paese e al primo corso al quale ha partecipato dopo diversi anni di “assenza” ha portato con se un vecchio quaderno ad anelli, viola, avete presente i quaderni delle nostre medie quelli con Mafalda o Snoopy?

Quel quaderno conteneva ancora gli appunti di quando lei a 14 anni andava in treno verso quella località del  Garda, e ancora oggi che collabora anche come supporto tecnico per quell’azienda, quando fa formazione riempie sempre lo stesso libro … con un costante e crescente successo!

Se non sei come Anna non ha nemmeno senso che tu segua e ti appassioni di questo blog:

  • se non hai una passione sfrenata e inarrestabile, la stessa passione che ti ha condotta/o dove sei ora,
  • se credi che nel colore sia stato sviluppato tutto e non è più possibile aumentare i servizi colore che hai in salone
  • se sei consapevole e ti mette a disagio un tono su tono che si comporta quasi come un colore
  • se sei consapevole e mette a disagio la tua etica un colore naturale o bio in un mondo di copertura dei capelli bianchi
  • se pensi che i limiti della non ossidazione alcalina non siano ancora stati superati

ti consiglio di fare come tutti quelli che dopo Roger Bannister abbatterono il muro dei 4 minuti eretto dalle “autorità” dello sport.

Una delle storie più conosciute in merito a “limiti invalicabili” è quella relativa a Roger Bannister, il primo uomo al mondo che, nel 1954, riuscì a coprire di corsa la distanza di un miglio (circa 1.600 metri) in meno di quattro minuti.

Ciò che è ritenuto impossibile dalla maggior parte delle persone, a volte è assolutamente possibile e basta che una persona ci riesca, per rendere possibile a molte altre di ottenere lo stesso risultato.

Il primo principio da abbattere è quello dell’autorità imposta da certe aziende che surfano il mercato dei parrucchieri per arricchirsi nel mass market, nel supermercati e tramite i grossisti.

Prima del 1954 la comunità scientifica mondiale aveva emesso una sentenza: l’uomo non può fisicamente coprire la distanza di un miglio in meno di quattro minuti. Giustificazioni scientifiche relative alla struttura dei nostri tendini, muscoli e della nostra struttura fisica in generale, venivano fornite e il tutto era confezionato in modo talmente autorevole da far rinunciare in partenza la maggior parte degli atleti professionisti a cercare di scendere sotto la soglia dei quattro minuti. Per il principio di autorità, la sentenza emessa dai medici era considerata una legge assoluta.

Bannister invece non era dello stesso avviso e la molla che lo motivò a provare a infrangere questa barriera fu nientemeno che un grosso fallimento vissuto alle Olimpiadi di Helsinki del 1952 dove finì fuori dal podio nella finale dei 1500 metri, quando il suo obiettivo dichiarato era la medaglia d’oro.

Il 6 Maggio 1954 alla Oxford University, Bannister, dopo mesi di allenamento specifico, corse il miglio in 3:59.4.

bannister

Solo 46 giorni dopo, il corridore finlandese John Landy, migliorò lo stesso primato e, nell’anno successivo, decine e decine di corridori in tutto il mondo corsero il miglio sotto in 4 minuti.

Se pensi che tutto sommato stai perdendo anche tu le tue olimpiadi, guarda le testimonianze di chi oggi già corre sotto i 4 minuti e unisciti a loro.

Comincia a sfruttare anche tu quel margine del 96% che non stai sfruttando, dotati di un sistema colore che ti permetta di farlo: ora!

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